La faglia che si è attivata è antica e purtroppo su questa si trova il secondo invaso più grande d’Europa con ben tre dighe: il lago di Campotosto.
Se un evento sismico dovesse procurare un movimento importante si potrebbe avere un ‘effetto Vajont’ (il cui processo si celebrò all’Aquila, dove per l’occasione fu costruito un super tribunale, e dove ci fu l’assoluzione di tutti i responsabili. Le coincidenze).
L’invaso è di 14 km e a 10-15 chilometri dagli epicentri delle forti scosse di mercoledì scorso. L’Enel rassicura, ma un terremoto di magnitudo fino a 7 di problemi ne crea eccome.
La faglia sismica attiva passa proprio sotto a una delle tre dighe, quella di Rio Fùcino. Le altre due sono quella di Poggio Cancelli, all’estremità nord del lago, quella di Sella Pedicate all’estremità sud.
“Ipotizziamo che sia capace di generare un terremoto di magnitudo 6.5-6.6” spiega Fabrizio Galadini dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Dal 24 agosto in quella zona non c’erano stati segni di riattivazione della faglia. “Ma le scosse del 18 gennaio sono state molto vicine. E da allora con la neve è stato impossibile condurre rilievi”.
L’effetto Vajont potrebbe essere generato da un possibile smottamento lungo le sponde, caso in cui i 10 metri di distanza tra il livello dell’acqua e la cima della diga potrebbero non essere sufficienti a contenere un’onda di tsunami.
Mentre un’altra eventualità è che un evento sismico spacchi il terreno in superficie proprio in corrispondenza della diga. Nel 2009 Eucentre, il Centro europeo di ingegneria di Pavia, pubblicò un rapporto in cui metteva in guardia contro questa eventualità, definita “improbabile”.
La frattura nel terreno sarebbe fino a 90 centimetri e, secondo il rapporto, provocherebbe “danni anche gravi che potrebbero determinare una fuoriuscita di acqua”.
MADIS ROOM, L’Aquila 22 gennaio 2017