Rimane il fatto, piaccia o no, che le indicazioni seppur generiche sulla previsione di un terremoto sono necessarie per attivare i piani di prevenzione e soccorso: ciononostante, i dati non vengono presi in considerazione, e la gente non sa dove raccogliersi in caso di emergenza né dove portare i feriti.
Un business da proteggere, quello della ricostruzione? Dice lo stesso Gabrielli: “ho notato sempre grande sensibilità sulle risorse da destinare agli esiti di eventi calamitosi, essenzialmente risarcimento dei danni che negli ultimi anni hanno riguardato oltre l’80 per cento delle somme erogate. Mai per una seria politica di messa in sicurezza dei territori”.
Significativa è un’occhiata ai dati sul costo complessivo dei danni creati in Italia da terremoti, frane e alluvioni: dal 1944 al 2012 è stimato in 242,5 miliardi di euro (rapporto Cresme): 3,5 miliardi all’anno di cui il 75% riguarda i terremoti con 181 miliardi e il 25% il dissesto idrogeologico con 61.5 miliardi.
Interessante no?
Da quanto emerge dal servizio di L’espresso, di cui abbiamo dato ampio riscontro ieri, potrebbe sembrare che l’Ingv si affida alla scaramanzia piuttosto che agli studi: e se dovesse venir fuori che le bandierine che posiziona tutti i giorni sulle carte geografiche dello stivale per immortalare ogni scossa quotidiana non servono a un bel niente, forse l’Istituto non avrebbe più ragione di esistere. La questione ruota attorno ad un giro di miliardi che finanziano attività probabilmente superflue e che producono milioni di macchinari altrettanto inutili. Tanti, disseminati in ogni angolo del Paese.
Un mucchio di denaro tale cui andrebbero ricollegate le rocambolesche storie del vituperato Giuliani vissute nei mesi successivi al clamore dei giornali: roba che somiglia ai film sui servizi segreti. Sulla faccenda previsione terremoti doveva stare zitto se non voleva tacere per sempre.
Chiaramente dal giro miliardario rimane esclusa la ricerca di scienziati internazionali che sul campo si adoperano con risultati strabilianti, ciascuno operoso su criteri di previsione differenti, mettendo insieme i quali si delinea qualcosa di più di semplici teorie: il sisma non ragiona con il nostro tempo, anzi forse la dimensione tempo non lo riguarda affatto. Ne parla e lo spiega ampiamente Giampaolo Giuliani, ma certo non è il solo e certo non lavora in Italia: il Giappone ne finanzia gli studi dopo che il Belpaese gli ha dato del cialtrone.
All’autunnale conferenza della American Geophysical Union, la principale associazione che riunisce gli studiosi di geofisica americani, svoltasi il 14-18 dicembre 2009 a San Francisco, Giuliani ha partecipato come relatore invitato e il suo studio fu presentato da Ouzounov, studioso della NASA e co-presidente della sessione. Lì certo non c’era Boschi.
All’Aquila, dopo aver salvato la vita a qualche migliaia di persone che gli davano credito, fu querelato per procurato all’arme. Addirittura Bertolaso chiese per lui una punizione esemplare.
Peccato che alla fine di un processo infamante per Giuliani fu la Commissione Grandi Rischi a finire sul banco degli imputati: per mancato allarme. Giampaolo fu assolto, nel silenzio della stampa, la Commissione no. La differenza, però, è sostanziale oltre che umana: il primo si è dovuto difendere, e di tasca propria, mentre la seconda, con i soldi pubblici ha prima attaccato lo scienziato e poi, sempre con i soldi pubblici, si è difesa.
Ebbene è proprio il Servizio sismico nazionale che, inserendo nel calcolo di scenario sismico l’intensità massima registrata in una data città, rivela involontariamente che la mappa di pericolosità adottata per legge dalla Protezione civile e dai Comuni è inattendibile. Perché paradossalmente la mappa ufficiale non prende in considerazione l’intensità massima dei terremoti già avvenuti. Si limita a calcolare la probabilità più o meno alta che si ripetano nel tempo di 50 anni. Insomma, mette le bandierine di cui sopra.
Eppure qualcuno si avvale di quei dati secretati, comunicati solo alle agenzie governative.
Tant’è che all’Aquila da qualche parte era scritto cosa stava per accadere quella notte: pare che il prefetto fu preso in elicottero ore prima che il “suo” palazzo si sbriciolasse diventando un’icona dell’insicurezza nazionale; e che colonne di vigili fossero già sull’autostrada con debito anticipo sulle 3.33. Anche la storia dei sacchi neri nel numero di qualche migliaia, già pronti prima che il boato inghiottisse i figli dell’Aquila, è il sottotitolo di quella notte del 6 aprile.
Ebbene, a quanto pare non si investe in prevenzione perché non è remunerativo, mentre lo è lo stanziamento sull’emergenza. Studi, progetti, ricerche di enti e istituti pubblici, addirittura di organizzazioni sovranazionali, nomine profumate di commissari straordinari e relativi staff, ministri e ministeri creati ad hoc e via dicendo cui si somma la mafia sugli appalti, totalizzano affari miliardari. Soldi sonanti che, grazie alle disgrazie, escono dalle tasche dei contribuenti per andare in quelle dei pochi toccati dalla mano santa dello Stato, del quale gli Uomini più fedeli servitori raccolgono i proventi. Con buona pace delle vittime, poi pure regolarmente accusate di essere un branco di assistiti in odor di parassitismo made in Sud. Non sanno, i poveretti, di essere entrati in un gioco più grande di loro, dal quale ricevono in cambio qualche spicciolo (non vedono la trave nell’occhio) o… un’abitazione in luogo della baracca. Rigorosamente costruita con i soldi pubblici per una campagna elettorale privata.
Si comprende bene, allora, perché si faccia tanta fatica a lavorare sulla prevenzione, tanto da lasciarla alla discrezione dell’iniziativa privata. Oggi, chi vuole salvarsi la pelle senza opere radicali, può solo ristrutturare un locale in casa propria, magari nella camera dei bambini, e qui realizzare una Stanza Antisismica, brevettata dall’ingegno italiano e pagata con investimenti privati.
Non abbiamo altro se non vogliamo morire di terremoto. Niente altro.
Riusciremo a far passare nel piano nazionale di prevenzione sismica almeno l’inserimento delle innovazioni tecnologiche salva vita? Dobbiamo.
Maria Paola Iannella per Madis Room – La Stanza Antisismica
L’Aquila, 28 settembre 2014