“Vivere i luoghi della catastrofe”…tra genius loci e ricostruzione” è il seminario organizzato dall’Ordine degli Architetti dell’Aquila per il 26 maggio all’Aula Magna dell’Universita’ (Centro Congressi S. Basilio, Aq).
Tra gli argomenti sicuramente andrebbe trattata la prevenzione antisismica passiva che si è affacciata alla letteratura della prevenzione già da qualche anno. Sono diversi, infatti, gli strumenti brevettati negli ultimi anni che, installati nell’abitazione, sono in grado di salvare la vita dal terremoto. Non insistono sulla struttura, non proteggono l’edificio ma, semplicemente, salvano la vita proteggendo le persone anziché le case.
A tutti è ormai noto il brevetto internazionale della Stanza Antisismica Madis Room: i crasch test eseguiti nella pubblica piazza, la letteratura, i concorsi internazionali, la presenza nei luoghi e nelle occasioni di studio ci danno la misura di quanto il concetto di prevenzione sia datato e limitato, ed abbia bisogno di un aggiornamento finalizzato soprattutto a soddisfare l’art.2 dello Statuto della Protezione Civile: la salvezza della vita umana.
E’ evidente che l’adeguamento antisismico su tutto il territorio nazionale è impossibile, non solo per l’enorme investimento richiesto ma anche per gli impedimenti di ordine tecnico: vincoli architettonici sui beni storico artistici, frammentazione della proprietà privata, servitù, disciplina dei condomini…
Il patrimonio edilizio però è vecchio e mal conservato: la sua vulnerabilità quindi ne risulta ancor più amplificata.
I numeri ci dicono che oltre il 60% degli edifici, cioè circa 7 milioni, risale a prima del 1971, per cui non risponde alla normativa antisismica entrata in vigore nel 1974, e che 1 su 10 risale a prima del 1911. Oltre 2,5 milioni di costruzioni risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione, e a livello regionale è la Sicilia ad avere il primato della situazione peggiore: insieme alla Calabria è quella maggiormente esposta ad un prossimo possibile evento sismico, ed ha oltre 800 mila edifici che risalgono a più di 40 anni fa.
Insomma, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44% della superficie nazionale, interessano il 36% dei comuni (2.893), accolgono 21,8 milioni di persone, cioè il 36% della popolazione, per un totale di 8,6 milioni di famiglie.
Detto questo ci rendiamo conto di quanto sia urgente provvedere con un intervento che salvi la vita prima ancora che le case?
Sicuramente l’adeguamento antisismico è un dovere, ma è incivile che nelle more di questo accettiamo che la gente muoia.
Morire di terremoto non è inevitabile: sarà imprevedibile il terremoto ma non evitare di morirci sotto.
MADIS ROOM – L’AQUILA, 20 MAGGIO 2017